Vulgata vuole che ai giovani, della politica, interessi poco. La stessa vulgata – però confortata (o sconfortata), mediamente, dai dati – vuole che le Elezioni europee siano quella alle quali gli italiani siano, di fondo, meno affezionati.
Ma, a vedere la serata organizzata dagli scout Agesci zona Varese, ieri sera nella sala “Montanari” di via dei Bersaglieri, non si direbbe così. Anzi. Un confronto interessante sotto diversi punti di vista: da un lato la presenza, massiccia, degli scout; dall’altra per le cinque domande presentate direttamente ai candidati – Arianna Bettin (Alleanza Verdi Sinistra), Fabio Bottero (Partito democratico), Corrado Canziani (Lega, in realtà non candidato ma in sostituzione dell’europarlamentare uscente del Carroccio Isabella Tovaglieri), Marco Colombo (Fratelli d’Italia), Laura D’Incalci (Forza Italia), Paolo Micheli (Stati Uniti d’Europa) e Alessandro Tommasi (Azione) – poste direttamente dalle ragazze e ragazzi di Agesci.
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI – L’argomento è di quelli “del cuore”, per le giovani generazioni. Le opportunità ci sono – dall’Erasmus agli scambi culturali, passando per le borse di studio -, ma la domanda è: se ne possono pensare altre, magari diverse, per la “prossima” Europa?
«I piani Erasmus sono straordinari ma le borse di studio non sono sufficienti – ha detto Tommasi (Azione) -. La mobilità interna serve a costruire una nuova sensibilità europea e possiamo farlo investendo su ulteriori progetti». Per Canziani (Lega), «l’Europa è uno sbocco molto importante, ma i giovani devono andarci e portare la propria identità, magari per poi tornare ed evitare la “fuga di cervelli”».
Ma non solo di studio si parla. Secondo Micheli (Stati Uniti d’Europa), infatti, «oltre agli scambi per gli studenti, vedo positivamente alcuni processi per i prossimi anni, e credo molto nel Servizio civile universale europeo». Bettin (Avs), taglia corto: «Va potenziato il programma Erasmus, che non può diventare un discrimine in fase di assunzione. Pensate a chi per questioni economiche non ha potuto farlo. Noi dobbiamo occuparci di loro. Dall’altra serve una armonizzazione del mondo del lavoro, partendo anche dagli stage».
Per Colombo (FdI), «Gli scambi sono necessari, ma spesso sono i prodromi di una migrazione intellettuale. Abbiamo bisogno di giovani “europrogettisti” che poi tornino a lavorare in Italia”. D’Incalci (FI) ha spiegato invece come «i dati confermano che chi ha seguito un progetto Erasmus ha vantaggi anche a livello lavorativo, diminuendo della metà la probabilità di restare a lungo senza un’occupazione soddisfacente e stabile». Chiude il giro Bottero: «La mobilità in Europa deve essere sostenuta e finanziata. Chi si conosce oggi, chi impara a stare assieme, potrà costruire una società più solidale e un’Europa più forte».
LA GUERRA, L’AMBIENTE. DOV’È L’EUROPA? – Poi, la politica. Anzi, la realpolitik, si direbbe. Direttamente dalle “bocche” dei giovani la contemporaneità “invade” il confronto. Le guerre alle porte del continente, da un lato, e la transizione ecologica dall’altro.
«L’Europa sta affrontando senza strategia chiara e in ordine sparso i cambiamenti del quadro internazionale – ha detto il leghista Canziani -. Vogliamo un’Europa che ricrei un’identità anche sul profilo internazionale ma che lavori per la pace, senza mandare i nostri ragazzi in un conflitto». E sulla questione green aggiunge: «La transizione deve essere sostenibile, anche a livello sociale ed economico. Ma soprattutto evitare le “eurofollie”».
Per Micheli, Stati Uniti d’Europa, «i processi oggi rendono la politica molto fragile. È difficile per l’UE prendere decisioni coraggiose. Credo fortemente che occorra far crescere l’Unione in una federazione». Il che si lega al tema ecologico che «viene dibattuto in maniera molto ideologica. La transizione va accompagnata e con capacità di comunicazione. Penso che un buon esempio serva, ed l’Europa può fare scuola».
«Mi piacerebbe una UE capace di farsi portavoce del diritto umanitario mentre in Ucraina la risposta si è fermata al linguaggio più basilare, quello bellicistico, mentre servono i negoziati – ha spiegato invece Bettin (Avs) -. Su Gaza, invece, ha fatto “orecchie da mercante”». E sul green aggiunge: «Sono le comunità locali che devono intraprendere subito la transizione ecologica. L’UE può darci una mano, l’ha fatto con il Pnrr ed il Green deal, ma deve fare di più per tagliare le emissioni entro il 2040».
Secondo Colombo (FdI), «serve un esercito europeo e armamenti, in funzione anche dell’abbandono degli USA, quindi con una Difesa europea». Mentre sul tema ambientale aggiunge: «Bisogna “deideologizzare” la transizione ecologica, capirne le reali ricadute e arrivare ad una vera transizione».
«Urge una via diplomatica per i conflitti – dice invece D’Incalci (FI) -, la pace è un bene al quale non possiamo rinunciare». Anche la candidata azzurra, sulla transizione ecologica, ha qualche perplessità: «La realtà va da una parte, l’ideologia dall’altra. E il cittadino medio vive male questa transizione perché le normative non sono adeguate».
«Se tiriamo la fune dalla stessa parte, insieme, in 27, arriviamo da qualche parte, altrimenti no – dice invece Bottero, in lista con il Pd -. Non possiamo affrontare questi continui conflitti, l’Europa deve fare un salto di qualità». E non solo in questo: «Credo molto nella conversione energetica. E siamo convinti che l’Europa che abbiamo in mente sosterrà questo passaggio inevitabile per la vita del pianeta».
Per Tommasi (Azione), la via ad est è quella del sostegno: «Pensare oggi a nuovi negoziati, con Putin che non vuole fermarsi, è sbagliato – ha detto -. Oggi non ha alcun interesse a farlo. E se non aiutiamo la parte debole li abbandoniamo». E sulla transizione? «Il cambiamento avviene lungo tre assi: quello regolamentare, quello culturale e quello tecnologico – ha detto -. I sussidi del Green deal hanno il 30 per cento di forza in meno di quelli degli USA perché sono frutto di negoziazioni e mediazioni. Per questo serve una UE più unita».