Nuovi e vecchi frontalieri: le “vite sul confine” a Malnate sono circa 1.700. Sono quasi il 2% di quei 90.000 Italiani che hanno scelto di varcare ogni giorno la frontiera con la Svizzera: persone che hanno organizzato le proprie vite seguendo un equilibrio particolare che una nuova legge, la 83/2023 entrata in vigore a gennaio, rischia di cambiare.
Per questo Irene Bellifemine con il gruppo che sostiene la sua ricandidatura (Malnate Sostenibile, Lista Civica Irene Bellifemine Sindaco per Malnate e Malnate In Movimento) ieri sera (lunedì 16 aprile) ha organizzato una serata nella sede del comitato elettorale in via Martiri Patrioti 1.
«I frontalieri sono una parte della popolazione che va tutelata: oltre ad essere persone che fanno fatica e lavorano ogni giorno, con i loro ristorni sono un elemento vitale per i bilanci dei comuni di frontiera come il nostro», ha detto la sindaca uscente.
A parlarne ieri sera, insieme alla stessa Bellifemine, Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’Associazione Comuni Italiani di Frontiera, Giuseppe Augurusa di CGIL Frontalieri, Matteo Pozzoni, responsabile Frontalieri Cisl dei Laghi e Debora Pesce, responsabile Varese UIL Frontalieri. Moderatore è stato Stefano Frascoli, consulente previdenziale e intermediario assicurativo in Svizzera, frontaliere malnatese conosciuto in città.
L’opinione sulla nuova legge entrata in vigore a gennaio 2024 è stata unanime: non va bene. Per la legge 83/2023, infatti, i “nuovi frontalieri”, quelli che hanno iniziato a lavorare in Svizzera dopo il 17 luglio 2023, dovranno pagare sia l’imposta alla fonte nel Cantone (con aliquote intorno all’80% di quelle ordinarie) sia l’IRPEF in Italia secondo le aliquote ordinarie, andando a detrarre la quota già pagata in Svizzera. A questo si aggiunge la cosiddetta “tassa sanitaria”, un danno economico per il nostro territorio. Sono previste alcune importanti agevolazione fiscali che però, secondo gli addetti ai lavori, non bastano.
«Le agevolazioni sono state ottenute lottando uniti – dice Massimo Mastromarino – è così che siamo riusciti a tutelare i vecchi frontalieri: la loro situazione è congelata». Chi ha iniziato impostando la vita secondo le “vecchie regole” tira quindi un sospiro di sollievo, almeno per ora.
«Il vecchio accordo, in vigore fino allo scorso dicembre, è stato sottoscritto nel 1974 – dice Matteo Pozzoni della CISL – quando i frontalieri erano circa 30mila. Oggi sono più che triplicati: la Svizzera è dal 2008 che chiede una revisione. Per i Cantoni di frontiera è una questione chiave».
La legge 83/2023 è stata votata all’unanimità dalle forze politiche, come racconta Giuseppe Augurusa, responsabile frontalieri CGIL Varese, ma «la Lega Nord ha inserito all’ultimo momento un emendamento che introduce la doppia tassazione, rendendo di fatto incostituzionale la legge che, così com’è, viola almeno 3 articoli della Costituzione, tra cui quello che riguarda il diritto all’assistenza sanitaria. Vogliamo chiedere al governo di fermarsi, prima che arrivi una sentenza dalla Corte Costituzionale a complicare ulteriormente un quadro che, da sempre e per sua natura, è un equilibrio delicato».
Rapporti bilaterali tra Stati, tassazioni, diritti dei lavoratori, ristorni che salvano i bilanci comunali: la materia è complessa e fondamentale per i nostri territori. Rendere meno vantaggioso lavorare oltre confine potrebbe convincere più persona a lavorare in Italia? Secondo Debora Pesce di UIL: «Assolutamente no, e per almeno due motivi. Il primo è quello economico: anche alzando le tasse, il salario svizzero resta comunque superiore ad uno italiano a parità di mansione. Ma è anche una questione di condizioni di lavoro: se è vero che a livello contrattuale ci sono meno tutele, infatti, bisogna contare gli orari, la pressione, le prospettive di crescita professionale del tutto diverse. Anche per questo, soprattutto nel settore sanitario, chi può diventa frontaliere».
Una questione fondamentale per l’Italia di confine, dove medici e infermieri continuano a scarseggiare. «Alla fine, il dibattito diventa soprattutto politico – conclude Bellifemine – i frontalieri però, esistono nella quotidianità ed è di loro che dobbiamo occuparci: lo sappiamo bene, noi sindaci di frontiera, che ogni giorno abbiamo a che fare con le loro problematiche e con i vantaggi che la loro presenza porta alle casse comunali, che possono garantire servizi e progetti grazie anche ai ristorni. Sta a noi tutelare nelle sedi istituzionali, nel concreto dell’azione quotidiana, questo gruppo di cittadini, vite sul confine che con il loro lavoro diventano risorsa per tutti».