C’è chi è scettico e considera i politici “tutti uguali”, chi lo riconosce come “Il marito della Cristina (Parodi, ndr)” e chi si informa su quali sono le sue intenzioni a Bruxelles, se fosse eletto.

Ma Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e candidato per il PD alle Elezioni Europee che si terranno sabato e domenica, al mercato di Varese di sicuro non è passato inosservato: accompagnato prima dal vicesindaco Ivana Perusin, che l’ha messo in contatto con i rappresentanti degli ambulanti, e poi dal sindaco Davide Galimberti – con accanto anche Manuela LozzaRoberto Molinari e Michele di Toro – che ha chiesto “un grande aiuto per Giorgio” a chi si fermava incuriosito, ha ascoltato critiche, domande e complimenti con la stessa attenzione e ha risposto anche alle domande dei giornalisti presenti.

Che percezione ha avuto di questa campagna elettorale?
«A me sembra meglio di quella che leggiamo sui giornali. C’è un grande timore di astensione, ma io trovo che ci sono tante persone attente e disponibili, soprattutto nei comuni al voto. La gara elettorale locle evidentemente trascina un po’ anche le europee. Però non ho difficoltà a spiegare le cose essenziali che riguardano l’Europa, quindi sono abbastanza ottimista»

Cosa pensa del recente decreto legge sulle liste d’attesa?
«Penso che si tratti di un annuncio elettorale. Siamo buoni tutti a dire “rimedieremo al problema delle liste d’attesa” non mettendoci neanche un euro: evidentemente non si può fare. Quel provvedimento che rimette ai cittadini di rivolgersi o alle strutture private o ai  medici che esercitano l’intramoenia, cioè l’attività privata all’interno degli ospedali, o ha copertura – e serve un miliardo e due – oppure è come se non ci fosse. Quindi, per me è solo uno spot»

Una campagna elettorale che si svolge anche al mercato..
«Devo dire che la dimensione del contatto con le persone è quella che facendo il sindaco ho imparato sempre piu ad apprezzare. Non ero così all’inizio: ero un manager, venivo dall’impresa, ero convinto che fare il sindaco volesse dire risolvere i problemi della città. Invece vuol dire molto di più: vuol dire stare n mezzo alle persone, ascoltarle, cosi si stabilisce un rapporto anche dell’empatia. Questo non solo a Bergamo: mi colpisce, ma è così. Vuol dire che hanno riconosciuto che abbiamo fatto un buon lavoro. E dico “abbiamo fatto” perchè non sono cose che si possono raggiungere da soli»

Le riconoscono qui un “piglio diverso” rispetto agli altri politici passati dal mercato. Dà un atteggiamento diverso l’essere amministratore, ed essere costretto a “mettere le mani in pasta”?
«Io credo che i sindaci siano un po’ obbligati ad avere “le mani in pasta”, nel senso buono però: ovvero tenere i piedi per terra, ovvero ad ascoltare i loro cittadini e preoccuparsi anche delle cose piu concrete. E’ giusto che i sindaci abbiano grandi progetti per le loro città, e anche i sindaci dei piccoli comuni è giusto che abbiano grandi progetti. Poi però ci vuole molta concretezza: giorno per giorno, per fare in modo che le cose si possano davvero fare»

Una delle principali preoccupazioni degli ambulanti in questo mercato riguarda la direttiva Bolkestein e i suoi ritardi. Cosa ci dice di questo tema?
«Il tema è più nazionale che europeo, nel senso che la normativa Bolkestein è una direttiva per favorire la concorrenza, per evitare che ci siano situazioni di monopolio. In Italia ha ricadute soprattutto sul settore dei balneari, e sapete che quella coprrazione sta tenendo in scacco i governi, ottenendo proroghe su proroghe e quindi chiudendo di fatto l’accesso ai nuovi operatori, agli arenili italiani. La componente che riguarda gli ambulanti ha il difetto di non avere fino ad oggi delle linee guida per la riassegnazione delle concessioni, e quindi i compuni sono in stallo, compreso il mio».